Ruolo del locus coeruleus nella memoria consolidata da novità

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIV – 01 ottobre 2016.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

 Nella neurofisiologia classica, studiata dalle generazioni che hanno preceduto la nostra, si consideravano schematicamente dipendenti dall’ippocampo i processi necessari alla formazione della memoria a breve termine e prevalentemente demandati alla corteccia i processi di consolidamento. La complessità e la varietà di aree implicate nella formazione delle memorie, emersa negli anni seguenti, ha definitivamente consegnato alla storia ogni illusione di semplicità, aprendo nuovi orizzonti per la ricerca delle basi di questa funzione fondamentale per la vita biologica e psichica.

Uno dei campi di nuovo cimento è dato dal rinforzo della ritenzione della memoria simil-episodica, quando qualcosa di nuovo accade poco prima o poco dopo la codifica. Tale effetto dipendente dalla novità si è ritenuto originasse esclusivamente dall’attività dei neuroni TH+ dell’area tegmentale ventrale (VTA). Ora, Tekeuchi e colleghi, impiegando un compito di memoria quotidiana nei topi hanno potuto riconoscere i neuroni che mediano questo effetto dipendente dalla dopamina.

(Tekeuchi T., et al., Locus coeruleus and dopaminergic consolidation of everyday memory. Nature 537 (7620): 357-362, 2016).

La provenienza degli autori è la seguente: Center for Cognitive and Neural Systems, Edinburg Neuroscience, The University of Edinburg, Edinburg (Regno Unito); University of Texas Southwestern Medical Center, Dallas, Texas (USA); Department of Anatomy, Hokkaido University Graduate School of Medicine, Sapporo, Hokkaido (Giappone); Donders Institute for Brain, Cognition and Behavior, Radboud University Medical Centre, Nijmegen (Paesi Bassi); University of Tsukuba, Tsukuba (Giappone); Institute of Neuroscience, CSIC-UMH, Alicante (Spagna); Departments of Psychiatry and Behavioral Sciences and of Bioengineering, Stanford University, Stanford, California (USA).

L’origine del concetto di memoria quale distinta facoltà della mente si perde nella notte dei tempi e, quando Aristotele trattava delle tecniche di memorizzazione atte ad espandere la memoria semantica per imparare interi discorsi al servizio di quella straordinaria “macchina per convincere” che era la retorica antica, le mnemotecniche avevano raggiunto il massimo sviluppo e la maggiore popolarità documentata dalla storia[1]. Ma più estensivamente, fin dall’antichità classica, il valore della memoria intesa come contenuto della mente di ciascuno era ben chiaro ed evidente: la memoria autobiografica e tutti i ricordi accumulati nella vita, ancor più di tutte le nozioni e le conoscenze acquisite, definiscono l’identità di una persona, influenzando la forza e lo stile della sua personalità.

Anche se l’approccio sperimentale allo studio della memoria è da alcuni fatto risalire al Settecento, e in particolare agli studi di Flourens, e sicuramente tanti esperimenti sono stati condotti fino ai tempi della contrapposizione fra l’ipotesi di una base a localizzazione circoscritta della memoria, sostenuta da Penfield, e l’ipotesi dell’azione di massa della corteccia, sostenuta da Lashley, si può dire che l’indagine scientifica sistematica abbia avuto inizio poco più di mezzo secolo fa.  Da allora, vi è stato un cambiamento di passo e continue innovazioni legate allo sviluppo delle conoscenze neuroscientifiche in generale e di nuovi mezzi e metodi di indagine.

Lo studio delle basi della memoria umana è profondamente cambiato nel tempo, e se il caso del paziente H. M. di Brenda Milner che continuò a non riconoscerla per oltre 40 anni aveva attratto l’attenzione sul lobo temporale mediale e sull’ippocampo in particolare per il processo di conversione della memoria di breve durata in memoria a lungo termine, ben presto la classificazione nei tipi di memoria umana legata agli esperimenti neuropsicologici e le basi molecolari e cellulari comuni con la memoria dei roditori hanno creato un numero notevole di campi distinti: lo sviluppo di questi singoli campi oggi è tale da rendere questo settore uno dei più vasti e complessi delle neuroscienze. Su questo sito web, dagli aggiornamenti su “Sonno e Memoria” e “Memoria e Sonno”, sono stati pubblicati numerosi scritti che, principalmente attraverso introduzioni a lavori recensiti, consentono di comporre un quadro ricco di nozioni, concetti e dati sulle basi neurobiologiche e neurofisiologiche della memoria.

Mentre si rinvia alla lettura di questi scritti, qui di passaggio si ricordano alcuni argomenti che il lettore con una preparazione non specifica potrebbe approfondire per meglio introdursi a temi e problemi relativi alle basi di memoria e apprendimento: classificazione dei tipi di memoria; regola di Hebb e modelli sperimentali di plasticità sinaptica; scoperta di LTP e LTD; le subunità degli NMDA e il topo cervellone Doogie; Kandel e la scoperta dei meccanismi molecolari della memoria a breve termine e a lungo termine; Consolidamento ed immagazzinamento; la ricerca sul codice neurale della memoria.

Tornando al lavoro qui recensito, gli autori hanno preso le mosse dal fatto che nei roditori ordinariamente impiegati negli esperimenti di laboratorio, così come negli esseri umani, quando accade qualcosa di realmente nuovo si determina un rinforzo della ritenzione della memoria. In particolare, della memoria episodica nell’uomo e del suo equivalente nel topo.

Tekeuchi e i numerosi colleghi facenti capo a istituti di Giappone, Stati Uniti, Regno Unito, Olanda e Spagna, per definire con precisione la base cellulare di questo fenomeno, hanno allestito degli esperimenti con i topi, impiegando un compito di memoria quotidiana e realizzando le condizioni dell’esperienza di novità. Studi precedenti avevano riconosciuto, come base esclusiva del rinforzo causato dalla novità, l’attivazione nell’area tegmentale ventrale (VTA) del tronco encefalico di una popolazione di neuroni dopaminergici esprimenti l’enzima tirosina idrossilasi (neuroni TH+). L’esame accurato condotto in questo studio per i vari territori encefalici ha evidenziato, in risposta all’esperienza del nuovo, l’attività con accensione e scarica intensa di cellule nervose del locus coeruleus.

Il locus coeruleus, che costituisce il nucleo con la massima concentrazione di neuroni segnalanti mediante noradrenalina del cervello dei mammiferi, corrisponde nell’encefalo umano al gruppo A6 di neuroni noradrenergici ed è considerato nell’uomo, come nei roditori, un complesso neuronico che agisce da focalizzatore automatico di attenzione in chiave neurovegetativa, concentrando l’attività neurale sui bisogni prioritari del momento.

Tekeuchi e colleghi hanno rilevato che l’attività sinaptica dei neuroni del locus coeruleus è particolarmente sensibile alla novità ambientale, ed hanno osservato che le popolazioni TH+ di cellule nervose di questo aggregato pontino, rispetto alle omologhe TH+ della VTA, proiettano molto più profusamente all’ippocampo.

Gli esperimenti condotti mediante attivazione optogenetica dei neuroni TH+ del locus coeruleus hanno dimostrato che con questa stimolazione è possibile mimare l’effetto di novità sui topi, con rinforzo della memoria. La verifica sperimentale di controprova, per valutare l’influenza della VTA su questo effetto, è stata condotta inattivando del tutto la funzione della VTA: mettendo fuori causa i neuroni dopaminergici dell’area del tegmento, gli esperimenti di rinforzo della memoria mediati dai neuroni TH+ del locus coeruleus non subivano alcuna variazione, confermando l’indipendenza di questo sistema nella mediazione di novità ambientale. In altri termini, su questa base, le popolazioni studiate dei neuroni TH+ del locus coeruleus sembrano essere necessarie e sufficienti alla produzione della risposta influente sulla memoria in precedenza attribuita alla VTA.

Sorprendentemente – come affermano gli autori dell’articolo – due effetti della fotoattivazione optogenetica dei neuroni TH+ del locus coeruleus sono sensibili al blocco dei recettori D1/D5 dei neuroni dell’ippocampo e resistenti al blocco degli adrenocettori: 1) il rinforzo di memoria; 2) il potenziamento di lunga durata della trasmissione sinaptica nella regione ippocampale CA1 ex vivo.

Su questa base si può concludere che i neuroni TH+ del locus coeruleus mediano il rinforzo della memoria post-codifica in una maniera coerente con il contemporaneo rilascio di dopamina nell’ippocampo.

Questi dati, di notevole rilievo, costituiranno fin da subito materia per ulteriori studi.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza ed invita alla lettura degli scritti di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Diane Richmond

BM&L-01 ottobre 2016

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Questo argomento è stato trattato varie volte negli anni agli incontri sulla memoria organizzati dalla nostra società.